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  • Immagine del redattoreGiovanna Landi

Il Coding può aiutare a valorizzare i bambini dsa?

Aggiornamento: 11 feb 2020


Quali abilità richiede il Coding ai bambini? Con bambini dislessici ci potrebbero essere delle difficoltà nell’attuazione di attività di Coding?

Riprendo alcune considerazioni suscitate dalle interessanti domande postemi da Anna Bresciani qualche tempo fa....

C'è da premettere che, la risposta a questa domanda, dipende da due fattori fondamentali: il tipo di attività che si propone e le caratteristiche, lo stile cognitivo del bambino con DSA. Voglio premettere anche che quelle che seguiranno sono mie riflessioni, nate dall'esperienza sul campo, ma non sostanziate da ricerche scientifiche...(almeno per ora).


Da tempo studio e approfondisco le tematiche riguardanti i disturbi di apprendimento e le ripercussioni che queste hanno sulla maturità emotiva dei bambini.

Quando ho intrapreso il percorso sull'utilizzo del coding a scuola, ho subito percepito le potenzialità di questo strumento non solo in termini di esercizio delle funzioni esecutive e di sviluppo di meccanismi metacognitivi di autoregolazione e di autovalutazione, ma anche di impatto emotivo per le influenze che può avere sull’autostima e sulla percezione di autoefficacia.

Mi pongo sempre tre ordini di problemi.

  1. In primo luogo cerco di capire come il coding possa migliorare le performance di questi bambini.

  2. In secondo luogo cerco di individuare quali difficoltà incontrano questi bambini, pìù di altri, dovendo affrontare attività di coding.

  3. In ultimo, ma non per importanza, mi domando come le attività di coding possano far emergere le potenzialità “altre”, (il pensiero divergente, l'estrema creatività di cui sono capaci, l'empatia e il problem solving) spesso insolite e inesplorate con la didattica “tradizionale”, di cui questi bambini sono inconsapevoli custodi.


Ogni bambino, sia esso BES, DSA, DA, o “Diversamente Portatore di Acronimi ed Etichette”, è per sua natura unico e irripetibile. Per questo anche le mie parole vanno vissute in termini narrativi, con la leggerezza di chi, incuriosito dal tema, vuole per pochi minuti trascorrere questo viaggio in mia compagnia.

Baso le mie riflessioni recuperando le storie di quei bambini che mi hanno segnato, IN-segnandomi qualcosa sulla loro quotidianità.


Una premessa doverosa va fatta sull'identificazione delle caratteristiche ascrivibili ad un profilo DSA. In particolare si può dire che, bambini con difficoltà di apprendimento, presentano una discrepanza tra il quoziente intellettivo e le abilità legate agli apprendimenti. Evidenziano spesso difficoltà nei processi di lateralizzazione, di orientamento spaziale e temporale, di sviluppo procedurale, di pianificazione, di recupero lessicale, di attenzione focalizzata, di autoregolazione emotiva, di inibizione della risposta e di memoria di lavoro.


Naturalmente non è detto che tutti i bambini in questione abbiano difficoltà in tutte queste aree, ma vi è una certa correlazione e frequenza.

Se il disturbo non viene compreso, ne consegue l’insuccesso scolastico procrastinato nel tempo, da cui deriva un processo di demotivazione e di bassa autostima.

Fatta questa necessaria e generalissima premessa riprendo nel tentativo di rispondere alla domanda iniziale.

La prima difficoltà che oggettivamente si potrebbe riscontrare è quella rispetto alla lateralizzazione; potrebbe ad esempio non essere avvenuta in modo completo. I movimenti sulla scacchiera implicano sicuramente abilità di orientamento e la difficoltà quindi potrebbe essere più marcata nei bambini DSA (questo lo si potrebbe vedere anche come un'occasione in piu' per l'alunno di potenziare il suo processo di lateralizzazione).

La seconda difficoltà che potrebbe subentrare è quella in merito alla memoria di lavoro. In molti bambini DSA tale funzionalità è compromessa. Proporre lunghe procedure o essere impegnati nello svolgimento di algoritmi complessi, potrebbe mettere maggiormente in difficoltà bambini DSA.


La dislessia ha poi delle implicazioni anche sulle abilità di switching; per questo proporre attività che implicano l'organizzazione di più compiti contemporaneamente o di passare da un compito all'altro potrebbe mettere in difficoltà il bambino DSA più di altri bambini.


Con questo non voglio dire che le attività di coding non vadano proposte, ma devono essere programmate con uno sguardo consapevole e avendo come riferimento le funzionalità del bambino.


Esse possono costituire un enorme opportunità per il bambino per potenziare quelle abilità ancora un po' fragili che i ritmi della scuola ormai darebbero per acquisite.

Il coding possiede, come grande potenzialità, quella di far emergere e sfidare le caratteristiche nelle quali i bambini DSA spiccano e che troppo spesso la scuola non valorizza sufficientemente.


Sto pensando al fatto che statisticamente i DSA sono persone naturalmente orientate al problem solving ....probabilmente perchè nella loro vita quotidiana incontrano talmente tanti piccoli ostacoli che la capacità di trovare soluzioni immediate diventa una connotazione di sopravvivenza!


Penso poi alla curiosità, fondamentale per un programmatore e innata nei bambini con dsa. Senza curiosità non si proverebbe il desiderio di spingersi oltre il limite, di intravedere scenari che altri non vedono.


Non mi voglio dimenticare anche della forte intuitività di cui sono capaci e che risulta fondamentale in programmazione, accompagnata da una spiccata immaginazione, per trovare soluzioni inedite ed efficaci.


E' ormai diffusa l'opinione secondo la quale le persone dsa siano capaci di vedere le cose da un altro punto di vita. Normalmente le persone si focalizzano sugli aspetti generali di una situazione e procedono zoomando verso il particolare. Le persone dsa si concentrano sui particolari arrivando solo in un momento successivo a definire il quadro d'insieme. Questo spesso offre loro una prospettiva diversa sulle cose che li rende tanto peculiari e preziosi.


Nella mia esperienza ho potuto constatare che le attività di coding svolte in classe sono in grado di far emergere queste caratteristiche, riscattando il bambino dalla posizione di "alunno con disturbo" ed offrendogli un luogo dove poter essere speciale e unico.


Concludo sostenendo che il coding fa bene: fa bene alla scuola che ne trae linfa vitale di rinnovamento, fa bene alle maestre legittimate ad allontanarsi dalla cattedra per acquisire un punto di vista inedito sui propri alunni divenendo mediatori di crescita autentica, fa bene agli alunni che vengono spronati in attività coinvolgenti e stimolanti e...


...chissà che non faccia bene anche alla dislessia per ridefinirsi e valorizzare finalmente i pregi e le qualità di cui i bambini dsa sono preziosi custodi!

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